Da sempre l’arte ha il ruolo di anticipatore di nuovi modelli, talvolta attinge dal lontano passato per rielaborare forme e contenuti. L’isolamento che l’intera umanità ha sofferto, ha lasciato un segno indelebile nelle vite di tutti. L’obiettivo principale di questo workshop è quello di valorizzare le opere visive di tanti artisti che hanno saputo trasformare questa situazione in una nuova opportunità artistica. La forza dell’artista non risiede solo nella sua creatività e nella sua intuizione, ma, come nel caso di questo laboratorio, nella capacità di riflettere e rielaborare le proprie opere nel tempo presente. L’arte è lo specchio di numerosi contesti e la stessa opera può dare significato a tempi anche molto lontani tra loro. L’isolamento ha permesso di aprire gli archivi personali degli artisti, effettuare un’analisi introspettiva, porsi delle domande, fare i conti con se stessi.
Grazie alla rilettura di vecchi appunti, guardando alcuni scatti accantonati, lasciandosi trasportare dalle sensazioni che un’opera passata fa emergere nel presente, il workshop intende valorizzare questo materiale artistico, riconoscendogli il ruolo di anticipatore di nuovi paradigmi.
Cosa può nascere dalla rilettura delle nostre stesse immagini?
Durante i 3 incontri del workshop Immagini Incerte, le opere di ogni corsista verranno lette, rilette e ricontestualizzate, facendo diventare i propri archivi personali una fonte creativa, selezionando, tagliando, fondendo, giocando sul concetto di essere artisti, che a lungo non è stato concesso.
L’incertezza non è una cosa negativa, a volte è una stupenda incertezza, un invito a rivedere le cose per dargli una nuova direzione.
Agostino Artese (Palermo, 1986)
Visual artist di origine italiana con base a Berlino, si è laureato in Cinema al Dams di Roma Tre. Negli anni della triennale i suoi interessi principali sono la preistoria della fotografia e del cinema e le arti elettroniche. Scrive una tesi di Laurea su Gianni Toti, autore poliedrico piuttosto dimenticato. Nel periodo della Laurea Magistrale sposta lo sguardo sul mondo del cinema documentario. L’aspetto che più lo appassiona è la sottile linea di demarcazione fra immagine documentaria e immagine di finzione. Scrive una tesi dal titolo La ricerca antropologica di Jean Rouch e Werner Herzog. Nel 2011 gira il suo primo film documentario “Tempo Fuori Luogo”, ricerca visiva sulle disabilità, svolta negli spazi di una Residenza Sanitario Assistenziale di Loreto. Nel 2016, dopo alcune esperienze come assistente alla regia cinematografica, si trasferisce a Venezia per frequentare il primo Master di Fotografia dello IUAV. Nel 2017 si trasferisce a Berlino, dove attualmente vive e lavora, per un tirocinio come assistente di studio per Armin Linke. In questo periodo inizia ad indagare fotograficamente il corpo e la sfera intima. Sviluppa un progetto ancora in corso dal titolo Bodies and Identites. Nell’ultimo anno ha rimesso le mani nel suo archivio personale per dare nuova forma alla propria produzione fotografica.